Luci (poche) e ombre sul movimento rugbistico pugliese
Leggendo la relazione di fine stagione del comitato pugliese di rugby (link) quest’ultimo anno c’è stato un innalzamento della qualità espressa dal movimento, grazie alle prestazioni delle under sia a livello di selezione regionale che di club.
Il rovescio della medaglia è che la regione ha perso circa un terzo dei propri tesserati totali: 900. Numeri alla mano è una catastrofe. A questo quadro bisogna aggiungere la retrocessione della Svicat Lecce e la situazione del campionato di C1 formato da sei squadre dove le due compagini che conquistano i play off, attendono almeno un mese prima di disputarli. Pausa che indubbiamente crea non pochi disagi. Quest’ultima problematica pesa anche in C2 con 14 giornate spalmate in sette mesi (dalla prima domenica di ottobre ad aprile). Inoltre negli ultimi due anni, una squadra delle iscritte (CUS Lecce 2013/14 e San Severo 2014/15) non termina la stagione, costringendo il comitato a intervenire per la corretta omologazione del campionato.
Come si è visto, la bilancia pende sui risvolti negativi della medaglia.
Da segnalare in ultimo, ma non per importanza, che nella relazione di fine stagione inspiegabilmente non si fa nemmeno un cenno al rugby femminile, gioiello pugliese visti i risultati espressi per quantità e qualità. Il movimento femminile per due anni consecutivi ha visto la partecipazione delle Panthers di Modugno alle finali nazionali di Parma ed è proprio dal loro esempio che bisogna rilanciare il rugby. A Modugno, grazie all’entusiamo e ai risultati ottenuti dalla compagine femminile, infatti, è nata anche la formazione maschile.
Questo perché il seven permette di appassionarsi al rugby senza necessariamente disporre di una rosa con almeno trenta giocatori per affrontare la stagione. Si potrebbero istituire tornei seven provinciali dove le squadre si sfidano in concentramenti come per le under14. Quindi dai bassi costi economici, sfruttando le innumerevoli e ingiustificate pause del campionato di serie C a 15. Torneo seven che si conclude con una finale da disputare nel capoluogo di regione con i vincitori dei rispettivi gironi delle province. Può essere un modo per alimentare i focolai che in Puglia già ci sono, ma che non possono esprimersi a livello di rugby a 15 per via della ristretta rosa a loro disposizione e, di paripasso, per motivi economici.
Sicuramente non è un’impresa facile organizzare un torneo o campionato seven in Puglia. Portare qualcosa di nuovo e senza l’obbligatorietà nella nostra regione equivale a intraprendere una crociata e la scarsa considerazione a livello nazionale di questa discplina olimpica non aiuta. Ma è un dovere che la federazione chiede ai comitati regionali, come afferma il responsabile seven Orazio Arancio (link intervista rilasciata a OnRugby), a cui non ci si può sottrarre con indifferenza come è stato fatto quest’anno, né si può organizzare in fretta e furia e con scarsa chiarezza come due anni fa quando alle squadre di serie C fu chiesto di partecipare ad un torneo estemporaneo, organizzato sul finire di stagione e che per molti rappresentò solo un grattacapo.
Marco Grasso