“Il Terzo Tempo”, da domani nelle sale. Intervista al regista Enrico Maria Artale
La palla ovale sbarca sul grande schermo. Sarà, infatti, nelle sale da domani, giovedì 21 novembre, il “Terzo Tempo”, «storia di riscatto e passione ambientata nell’emozionante mondo del rugby».
Presentato alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti – dove ha ottenuto la menzione speciale al Premio Pasinetti e il Best Innovative Budget Award – il “Terzo Tempo” racconta la storia di Samuel (Lorenzo Richelmy), ragazzo nato e cresciuto in condizioni difficili e violente che si riscatterà grazie alla nuova vicinanza a questo sport.
Per conoscere e comprendere al meglio l’opera prima del regista Enrico Maria Artale e scoprire cosa lo ha legato al rugby, abbiamo deciso di intervistarlo alla vigilia dell’esordio in sala.
Enrico perché hai scelto il rugby per raccontare la storia difficile di un giovane?
«Guarda in realtà la cosa è andata al contrario. Io avevo fatto un documentario sulla squadra di rugby dell’Aquila – infatti stasera presentermo il film all’Aquila – già quattro anni fa, dopo il terremoto, ed è stato in quell’occasione che mi sono appassionato a questo sport. L’ho conosciuto così; poi mi hanno proposto di scrivere una storia di finzione nell’ambito del rugby e allora ho inziato a lavorare con un ragazzo che si chiama Alessandro Guida e con lui abbiamo lavorato a questo soggetto. E’ venuto prima il rugby della storia stessa».
Quando ti sei avvicinato e appassionato a questo sport?
«L’incontro col rugby è sato casuale, come ti dicevo: avevo saputo del terremoto e di quello che stava accadendo lì e mi ero avvicinato a quel mondo attraverso la vicenda umana di quei giocatori. Io non avevo mai giocato prima».
Come credi verrà accolto il film dal pubblico italiano che si identifica maggiormente col calcio? Come verrà accolto, invece, dagli addetti ai lavori?
«Io sono fiducioso. Se riusciamo a portare il pubblico al cinema – cosa già difficile di questi tempi – il film piacerà agli amanti del rugby che in genere sono diffidenti. Abbiamo sperimentato la visione del “Terzo Tempo” con tanti rugbisti, sia quelli della nazionale che quelli che hanno partecipato alle riprese e altri e abbiamo sempre avuto pareri molto positivi. Ciò perchè non soltanto il gioco è molto credibile, ma anche perchè i ragazzi sentono che lo spiritto del rugby e lo spirito di squadra sono raccontati in modo molto fedele.
Anche uno spettatore qualunque può seguire il percorso del protagonista che non conosce questo sport ma ci si avvicina man mano e poi comunque si tratta di una storia molto emozionante, “Terzo Tempo” non è un film puramente sportivo».
Com’è stato lavorare con le Fiamme Oro e con Rugby Città di Frascati?
«Frascati è stata la società che ci ha dato il sostegno maggiore in termini di quantità perché abbiamo formato con loro due sqadre, tra cui la squadra del protagonista. Poi c’è una partita giocata contro le Fiamme Oro e una contro la Porta Portese Rugby. L’antagonista principale con la quale ci sono due partite è, invece, una selezione che l’aiuto regista – ex rugbista professionista (Giulio Cupperi – giocatore nel Frascati e nelle giovanili della nazionale) – ha formato tra sue vecchie conoscenze. Alcuni nomi: Simone Giacci, Gabriele Rubini (ora noto come chef Rubio, ndr). Ieri ad esempio eravamo assieme ad alcuni giocatori come Valerio Bernabò e Michele Rizzo e lì Giulio mi ha raccontato di aver condiviso la stanza proprio con Rizzo».
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Il rugby farà ancora parte della tua vita dopo quest’esperienza?
«Mi piacerebbe restare legato a questo mondo,continuare a lavorare, partecipare e seguire il rugby. Ho stretto dei legami con giocatori e Federazione che spero che producano ancora qualcos’altro».
Chiara Melendugno
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