Bilanci di fine stagione e di fine mandato: parla Orazio Arancio

Bilanci di fine stagione e di fine mandato: parla Orazio Arancio

Se si dovesse scegliere qualcuno per fare quattro chiacchiere sul rugby siciliano Orazio Arancio non è certamente la scelta più opportuna… quando inizia non la smette più. Per fortuna ha tante cose interessanti da dire, quindi il tempo vola e a salvarti dal “sequestro” ci pensano i gigabyte della memoria del tablet, che ad un certo punto si esauriscono e sei “costretto” ad interrompere la conversazione (per onestà intellettuale – e non professionale, dato il mio status di “appassionato non professionista” – vuole che se non registri quanto detto dal tuo interlocutore non continui ad acquisire materiale per l’articolo).

Parlare di rugby con Orazio Arancio, inoltre, non è mai una scelta facile, ma le cose facile non sono mai né divertenti né interessanti

Facciamo un bilancio della stagione rugbistica appena conclusa?

In realtà vorrei parlare di questi 4 anni di Presidenza e poi finire con la stagione 2015/2016….

E chi può dirgli di no!!!

Gli obiettivi che mi ero posto, insieme al Consiglio, erano ambiziosi, ma “elementari” e, soprattutto, fondamentali, nel senso che la prima cosa da ricostruire erano certamente i “rapporti” tra le società. Se noti, molte delle società “nuove” sono nate da fratture all’interno di società preesistenti e questo è un presupposto sul quale “costruire” delle sinergie, dei progetti condivisi, locali o “regionali” che siano, risulta particolarmente difficile, almeno in un primo periodo. Non mi soffermo nemmeno a fare degli esempi, perché sono sotto gli occhi di tutti.

Oggi, arrivato quasi alla fine del mio mandato, devo dire che purtroppo, nonostante sia stata messa tanta carne al fuoco, con iniziative volte alla creazione di sinergie, che quello della litigiosità e della contrapposizione resta il problema più difficile da risolvere.

Risorse economiche e impianti sportivi restano in secondo piano, quindi?

Assolutamente no: sono entrambi due problemi di grandi dimensioni, ma sui quali si può lavorare e si è lavorato. Con qualche risultato evidente: Agrigento ha avuto un campo destinato al rugby, Trapani ha ottenuto degli spazi idonei allo svolgimento dell’attività, a Palermo siamo quasi alla conclusione di un cammino iniziato due anni fa e che porterà presto al primo campo esclusivamente da rugby nella storia della città; i Briganti a Catania hanno ottenuto il San Teodoro, dopo anni di battaglie, e stanno lavorando per renderlo un signor impianto. Restano tante criticità, ma se proviamo a risolverle facendo fronte comune le speranze di successo sono certamente maggiori.

Ma laddove a mancare è persino la volontà di confrontarsi, l’impresa, qualunque essa sia, diventa impossibile.

Cosa dovrebbe cambiare?

Innanzitutto la tendenza delle società maggiori a credere che le società più piccole debbano lavorare per loro, senza essere coinvolte in un progetto che le veda come protagoniste, magari un progetto più ambizioso. E, di conseguenza, la tendenza ad essere scettici e pessimisti nei confronti di qualsiasi tentativo di collaborazione.

Quest’anno abbiamo avuto degli esempi di cooperazione tra società: la Logaritmo e il Clan Messina, ad esempio, hanno dato vita a un patto territoriale che ha reso le formazioni under 16 e under 18 molto più competitive: la prima si giocherà al barrage la permanenza nel girone elite di categoria, mentre la seconda cercherà, sempre al barrage, di conquistare la promozione al girone nazionale, raggiungendo il Cus Catania, che anche quest’anno, nonostante un grande rinnovamento, ha navigato nelle parti alte della classifica. Da questo primo nucleo si sta sviluppando un progetto che coinvolga in modo globale anche altre realtà del messinese.

Più “complicato” e ambizioso il progetto della Triskele, per la lontananza geografica dei partecipanti, ma anch’essa ha avuto dei risultati incoraggianti per il futuro.

Io sono dell’idea che ognuno dovrebbe avere il diritto di fare quello che ritiene più opportuno per il bene dei propri ragazzi; in poche parole manca il rispetto delle iniziative degli altri; si perdono tante energie nella critica alle altrui iniziative che non nello sviluppare i propri progetti .

Ogni volta che qualcuno si presenta con un progetto nuovo di cooperazione le prime domande sono “chi mette i soldi” e “chi comanda”, e capisci bene che non sono esattamente i prodromi di una impresa di successo.

Quindi bilancio in rosso o comunque positivo?

Sarei ingiusto con tutti gli attori del movimento siciliano se parlassi di bilancio in rosso. Dopo una prima fase di assestamento e mantenimento delle posizioni siamo certamente cresciuti tanto, soprattutto nel settore giovanile , ma in proporzione il resto d’Italia sembra essere cresciuto di più, quindi se vogliamo recuperare il gap dobbiamo mettere da parte i personalismi e lavorare in concerto con gli altri Tornando al bilancio, a parte i numeri, è aumentata anche la qualità, ma possiamo e dobbiamo fare di più.

Parliamo della stagione appena conclusa

A livello seniores maschile non mi sento di dare un voto superiore alla sufficienza: nessun salto di categoria, nè dalla serie B alla serie A, né dalla C alla B ( nonostante i progetti dichiarati di Amatori Catania e, in parte, Amatori Messina in serie B, e di Nissa e Padua in serie C) e, purtroppo, una retrocessione che poteva (e, aggiungo, doveva) certamente essere evitata.

Speriamo che il prossimo anno si possa ottenere un riscatto, e io credo che i presupposti ci siano.

A livello giovanile ho detto di Cus e Logaritmo: mi piace sottolineare che il barrage under 16 sarà giocato contro il Cus Catania, che si conferma nel settore giovanile una delle società più forti del Sud Italia, frutto di un gran bel lavoro che parte dalle scuole e continua con la presenza in tutte le categorie giovanili.

Quest’anno c’è stato il boom della femminile

Si, quest’anno è stato particolarmente prolifico nel settore femminile, merito sia dell’ottimo lavoro delle società e dello staff regionale, sia (a mio avviso) degli ottimi risultati della nazionale femminile. Bisogna continuare a lavorare sul territorio, entrare nelle scuole per attingere a futuei atlete “di prima mano” e non soltanto a quelle che vengono da altri sport.

Ci lamentiamo tutti che si gioca poco , ma poi….

Ma poi non giochiamo quando possiamo: faccio l’esempio del seven under 18, istituito per far giocare di più i nostri ragazzi: bene, dopo tre tappe….non se n’è fatto piu nulla…nonostante ci fosse anche un premio in denaro.

Facciamo tanto per coniugare le esigenze economiche e la necessità di giocare di più e a livello più alto, e poi le società si tirano indietro di fronte ad occasioni come quella del seven. Ripeto, e con questo chiudo, credo che il nodo fondamentale per crescere sia quello di sviluppare un senso di obiettivo comune, che ci permetta di superare le divisioni.

Prima di chiudere vorrei parlare dell’Accademia Federale

Credo che sia sotto gli occhi di tutti che la presenza dell’Accademia a Catania sia un vero fiore all’occhiello della nostra regione. E che la stessa abbia fornito un modello per le società e un obiettivo per i giocatori è altrettanto innegabile. Non solo: ci ha dato la prova che siamo una regione nella quale i talenti, anche di livello assoluto, nascono e crescono anche in situazioni disagiate e/o periferiche : se notate i giocatori che dall’Accademia zonale sono andati a giocare all’Accademia di Parma provengono da vivai di società “giovani” e abbastanza piccole. Questo deve essere da stimolo per tutti noi, per portare il rugby dove non c’è e per svilupparlo dove già esiste e, soprattutto, deve farci riflettere e sostenere tutte le realtà siciliane, dalle più grandi e storiche a quelle più giovani e decentrate sul territorio.

Umberto Bonaccorsi